Passa ai contenuti principali

Un po' della Repubblica Serenissima nella storia della famiglia un tempo proprietaria della Villa Valier a Mira (Ve)

Repubblica di Venezia

Nome completo - Serenissima Repubblica di Venezia 
Nome ufficiale - Ducatus Venetus


Lingue parlate - Veneziano e Latino
(veneto, friulano, sloveno, bisiaco, ladino, cimbro, lombardo orobico, istriota, romagnolo, istroromeno, albanese, greco, montenegrino, croato, morlacco, dalmata, lingua franca) 

Capitale Venezia

Altre capitali 
Eraclea (697-741) - così dice wikipedia
Metamauco (742-811) - che non so dove sia

Dipendente da 
Impero Bizantino dal 697 al 742 (nominalmente fino al 1000) 

Forma di governo - Repubblica Oligarchica e Aristocrazia - Doge
Elenco Organi deliberativi  - Maggior Consiglio, Senato, Minor Consiglio

Nascita  697 con Paoluccio Anafesto

Erezione a ducato della Venetia maritima

Fine - 12 maggio 1797 con Lodovico Manin - La Causa ? - La Campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte

Estensione geografica

Italia settentrionale, Istria, Dalmazia, Isole egee

Territorio originale 

Dogado
Popolazione  c.a. 200.000 (Venezia)  - c.a. 1.800.000 (Terraferma) nel XVI secolo

Valuta - Ducato (o Zecchino), Lira

Risorse - commercio, pesca, sale, vite
Produzioni - vetro, oreficeria, armi, cantieri navali

Commerci con Impero Bizantino, Sacro Romano Impero, Egitto, Siria, Impero ottomano, Francia, Spagna, Inghilterra, India

Esportazioni - spezie, sale, vetro
Importazioni  - spezie

Religioni preminenti - Chiesa cattolica - Religione di Stato - cattolicesimo
Religioni minoritarie - chiesa cristiana ortodossa, chiesa apostolica armena, ebraismo

Classi sociali - patrizi, cittadini, popolo

Trasformazioni nel tempo

Esarcato d'Italia (distretto di Venezia) 
Succeduto da Arciducato d'Austria (poi Impero d'Austria)
Impero ottomano
Repubblica di Ragusa
Impero francese

Ora i territori della Repubblica veneziana sono parte di 
Italia
Slovenia
Croazia
Montenegro
Albania
Grecia

Serenissima Repubblica di Venezia (in latino Venetiarum ResPublica, in veneziano Serenissima Republica) è il nome di un antico stato indipendente con capitale la città di Venezia. Nota anche con l'antico nome di Ducato di Venezia, o con gli appellativi di Repubblica di San Marco e, in epoca più tarda, di Repubblica veneta, è sovente indicata col semplice appellativo di Serenissima. Lo Stato includeva, nel XVIII secolo e sino alla sua caduta, gran parte dell'Italia nord-orientale, nonché dell'Istria e della Dalmazia e oltre a numerose isole del Mare Adriatico (il Golfo di Venezia) e dello Ionio orientale. Al massimo della sua espansione, tra il XIII e il XVI secolo, comprendeva il Peloponneso (Morea), Creta (Candia) e Cipro, gran parte delle isole greche, oltre a diverse città e porti del Mediterraneo orientale.

Francesco Petrarca, in una lettera inviata ad un suo amico di Bologna nell'agosto del 1321, così descriveva la Serenissima Repubblica di Venezia: 

« [...] quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d'oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond'è cinta, dalla prudente sapienza de' figli suoi munita e fatta sicura »

Storia

La Repubblica nacque nel IX secolo, dai territori greco-bizantini della Venetia maritima, dipendenti dall'Esarcato di Ravenna fino alla conquista di questa città da parte dei Longobardi nel 751. La tradizione vuole che il primo doge, Paulicio Anafesto, fosse eletto nel 697 dai Venetici, tuttavia la nascita del ducato è da inquadrarsi nella riforma delle province italiche di Bisanzio promossa dall'imperatore Maurizio di Bisanzio, con la nomina a capo di queste di duces (dux o dukas, δούκας in greco-bizantino), cioè comandanti militari (di nomina imperiale per tramite dell'esarca ravennate), nel tentativo di arginare l'invasione longobarda. La figura del dux bizantino, divenuto nei secoli doge, conquistò quindi una sempre maggiore autonomia, attuando una politica via via sempre più indipendente. La capitale del nuovo ducato venne originariamente posta nella città di Eracliana.

La conquista dell'elettività ducale e l'indipendenza - Regime dei magistri militum e Invasione franca della Venezia.

Nel 726 l'estensione all'Italia dei provvedimenti iconoclasti dell'imperatore Leone III provoca la reazione del Papa e il diffondersi di rivolte in tutti i territori bizantini d'occidente (come del resto in quelli d'oriente): nella Venezia il popolo e il clero in rivolta prevaricano il diritto imperiale alla nomina del Dux, tuttavia, nonostante la ribellione, la Venezia interviene a sostegno dell'Esarcato contro i Longobardi. Tra il 737 e il 741 i Bizantini riportano il governo della provincia nelle mani di magistrati elettivi annuali, i Magistri Militum, fino a che nel 742 l'imperatore concesse al popolo la nomina del Dux1. Nello stesso anno la capitale venne traslata a Metamauco.

La definitiva perdita bizantina di Ravenna, nel 751, e la conquista del regno longobardo da parte dei Franchi di Carlo Magno nel 774, con la successiva creazione del Sacro Romano Impero nella notte di Natale dell'anno 800, mutano definitivamente il contesto circondante il Ducato di Venezia. Franchi e Bizantini se ne contesero il dominio, mentre all'interno ci si divise tra il partito filofranco, capeggiato dalla città di Equilio, e quello filobizantino, con roccaforte ad Eracliana: nell'805 l'aperto conflitto esploso tra i due centri spinse il doge Obelerio Antenoreo a raderli al suolo e deportarne la popolazione a Metamauco. Messa così a tacere ogni opposizione il doge si risolse nell'806 a porre il ducato sotto la protezione di Carlo Magno, ma un blocco navale bizantino lo convinse ben presto a rinnovare la propria fedeltà all'imperatore d'Oriente, trasformando il ducato in una base per le azioni militari bizantine in Italia. 

Nell'809, in risposta alle aggressioni condotte dai Bizantini su Comacchio, l'esercito franco comandato da Pipino invase la Venetia, assediando Metamauco e costringendo il Dux a rifugiarsi nelle isole interne della laguna, presso la città di Rivoalto. Il conflitto ebbe termine nell'810, quando la flotta veneziana riuscì a intrappolare e distruggere quella franca nelle secche tra Metamauco e Popilia. La vittoria portò al potere il partito filobizantino, che approfittò immediatamente dell'occasione per sbarazzarsi dell'odiato Antenoreo e a sostituirlo con il nobile eracleense Angelo Partecipazio, il quale, nell'812 trasferì definitivamente la capitale a Rivoalto, decretando così l'effettiva nascita di Venezia.

Al sicuro nella nuova città il ducato veneziano rimane un'isola bizantina nel mare del Medioevo feudale d'occidente. Tuttavia nei due secoli successivi le istituzioni e la politica veneziane si distaccheranno progressivamente sempre più dalle vicende di un impero sempre più lontano, la cui sovranità si farà sempre più meramente formale (nell'840, ad esempio, il doge di propria iniziativa promulgherà il Pactum Lotharii con il Sacro Romano Impero). È in questo periodo che, a fianco dei tentativi di costituire un sistema politico su modello imperiale bizantino (con il tentativo di rendere ereditaria la carica ducale tramite l'adozione del sistema di associazione al trono di un erede "co-Dux"), si viene sviluppando un sistema di famiglie patrizie in concorrenza per il potere (segno ne sono le frequenti rivolte e deposizioni dei "Dogi", tonsurati, accecati ed esiliati), nucleo della futura oligarchia mercantile a capo dello Stato.

La grande espansione nel Mediterraneo e i commerci con l'oriente

Nel basso medioevo, Venezia divenne estremamente ricca, grazie al controllo dei commerci con il Levante, e iniziò ad espandersi nel Mar Adriatico e oltre. Questa fase d'espansione ebbe inizio a partire dall'anno 1000, quando la flotta guidata dal doge Pietro II Orseolo per combattere i pirati Narentani che opprimevano con le loro incursioni le coste veneziane ricevette la sottomissione delle città costiere istriane e dalmate e il successivo riconoscimento da parte dell'imperatore bizantino del titolo di duca della Venezia e della Dalmazia (Dux Venetiae et Dalmatiae).

Nel 1071 la lotta per le investiture tra Gregorio VII ed Enrico IV era già in atto, ma Venezia, rimanendo fedele alla sua politica di equilibrio tra le grandi potenze, non parteggiò né per il pontefice, né per l'imperatore. Nel sud dell'Italia i Normanni erano diventati i veri protagonisti. Dapprima i Veneziani avevano allacciato buoni rapporti con gli Altavilla; ma allorché essi cominciarono ad intervenire nell'Adriatico avvenne la rottura. 

L'occupazione normanna di Durazzo e di Corfù indusse i Veneziani all'azione armata. La guerra durò più di due anni e le operazioni navali e terrestri non furono favorevoli agli alleati veneto-bizantini. Quando Roberto il Guiscardo moriva il suo esercito abbandonava le posizioni raggiunte per ritornare in Puglia. 

Con la scomparsa del normanno, Venezia riuscì ad ottenere da Costantinopoli quanto aveva desiderato. La Crisobolla (o "Bolla Aurea") del maggio 1082, con cui l'Imperatore d'Oriente concedeva ai suoi mercanti ampi privilegi ed esenzioni in tutta la Romània: questa iniziale concessione venne poi successivamente più volte ampliata ed affiancata da altri atti con cui gli imperatori via via premiarono e poi pagarono il sostegno navale dei loro ex-sudditi.

La conquista dello Stato da Màr e la nascita del Commune VeneciarumComune di Venezia

Per approfondire, vedi Guerra tra Venezia e Bisanzio (1122-1126), Guerra tra Venezia e Bisanzio (1171-1175), Guerra di Zara, Quarta Crociata, Conquista di Candia e Guerra di San Saba.

Per approfondire, vedi Serrata del Maggior Consiglio, Congiura del Tiepolo, Guerra tra Genova e Venezia (1293-1299), Guerra di Ferrara (1308-1309), Guerra di Trieste e Guerra di Chioggia.

L'accresciuta potenza e l'alto numero di privilegi misero nel tempo in rotta Bizantini e Veneziani, portando ad un succedersi di contrasti, con le guerre del 1122-1126 e del 1171-1175, che favorirono l'espansione commerciale genovese in Oriente. 

Meno sforzi profuse Venezia per aiutare le prime crociate: intervenne per favorire la presa di Gerusalemme quando la Prima Crociata era già avviata, non partecipò alla Seconda Crociata, ma inviò una flotta al seguito della Terza Crociata, che procurò notevoli vantaggi commerciali sia a lei, sia alle rivali Pisa e Genova. 

Nel 1148 venne istituita la Promissio Ducale, il giuramento di fedeltà costituzionale del Doge, che da quel momento, continuamente rinnovata ad ogni nuova elezione, limitò progressivamente sempre più i poteri del principe, ponendo le basi di sviluppo delle altre istituzioni repubblicane.

Nell'ultimo ventennio del XII secolo Venezia fu impegnata contro l'Ungheria nella guerra di Zara per il controllo della Dalmazia, conclusasi nel 1202 con la presa della città. 

Sotto il dogado di Enrico Dandolo, la partecipazione alla Quarta Crociata fu fondamentale per la presa di Zara (1202) e nel sacco di Costantinopoli (1204). La crociata pose temporaneamente fine all'impero Bizantino e originò l'Impero Latino d'Oriente, che assumeva le forme istituzionali caratteristiche della feudalità occidentale. I territori dell'Impero bizantino vennero spartiti in quattro tra l'Imperatore Baldovino di Fiandra, il Marchese del Monferrato, i principi e i baroni franchi e la Serenissima. Venezia guadagnò molti territori nel Mar Egeo, tra cui le isole di Candia (Creta) ed Eubea, e numerosi porti e piazzeforti nel Peloponneso, oltre ad una posizione di preminenza nell'effimero Impero Latino creato dai crociati, dove venne riservato al doge veneziano il titolo di Signore di un quarto e mezzo dell'Impero Romano d'Oriente, oltre che la facoltà di nominare il Patriarca latino di Costantinopoli.

La conquista di Candia, in particolare, impegnò intensamente la Repubblica, richiedendo quasi l'intera prima metà del Duecento. 

Tra il 1255 e il 1270 la Repubblica si scontrò poi duramente con Genova nella guerra di San Saba per riaffermare il proprio predominio nei mercati levantini. Mentre la riconquista bizantina di Costantinopoli, modificando nuovamente l'assetto politico dell'Oriente, fornì presto l'occasione per nuovi scontri tra le marinerie italiane. 

Precluso, a partire dalla Serrata del Maggior Consiglio del 1297, a nuove famiglie l'accesso al governo, sopravvissuta lo Stato alla grave minaccia rappresentata dalla congiura del Tiepolo del 1310, Venezia si diede la definitiva forma di Repubblica oligarchica, governata da un Patriziato mercantile. 

La Repubblica si espanse nei secoli successivi, in molte isole e territori dell'Adriatico e del Mar Mediterraneo, venendo a comprendere per secoli quasi tutte le coste orientali dell'Adriatico (interamente noto come "Golfo di Venezia"), ma anche le grandi isole di Creta ("Candia" per i veneti) e Cipro, gran parte delle isole greche e del Peloponneso ("Morea" per i veneti). Le sue propaggini arrivano a più riprese fino al Bosforo. Il complesso di questi vasti domini insulari e costieri venne a costituire quello che i veneziani chiamavano lo Stato da Màr (lett. lo "Stato marittimo", contrapposto ai "Domini di Terraferma" e al "Dogado").

La mutilazione dei domini dalmati a seguito della pace di Zara del 1358 spinse la Repubblica a riaffermare il proprio dominio sull'Adriatico combattendo, tra il 1368 e il 1370, la guerra di Trieste per punire la città giuliana delle minacce rivolte alle proprie rotte commerciali. 

Nel 1379, però, Venezia venne gravemente minacciata proprio nell'Adriatico da Genova durante la guerra di Chioggia che, dopo aver posto la Serenissima in stato d'assedio nelle sue stesse lagune, terminò con un nulla di fatto e l'indebolimento della rivale. 

Tra il 1409 e il 1444, infine, Venezia riacquisì il dominio sulla Dalmazia, grazie ai trattati stipulati con i sovrani ungheresi. 

La conquista della Domini di Terraferma

Per approfondire, vedi Guerra di Padova, Guerra turco-veneziana (1463-1479), Guerra di Ferrara (1482-1484), Guerra d'Italia del 1494-1498, Guerra turco-veneziana (1499-1503), Guerra d'Italia del 1499-1504 e Guerra della Lega di Cambrai.

Per secoli la Repubblica è stata primariamente uno stato composto di isole e fasce costiere, che costituivano il cosiddetto Stato da Màr. Solo limitate inclusioni di aree del retroterra lagunare erano state effettuate per costituire capisaldi difensivi contro l'espansione di città come Padova e Treviso. All'inizio del XV secolo, i veneziani iniziarono tuttavia ad espandersi notevolmente anche nell'entroterra, in risposta alla minacciosa espansione di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano dal 1395.

Nel 1410, Venezia aveva già conquistato gran parte dell'odierna regione italiana del Veneto, comprese importanti città come Verona e Padova, e dieci anni più tardi assoggettava il Friuli. La Repubblica arrivò a comprendere il territorio di quella che era stata la X regione augustea della penisola italica (Venetia et Histria). Nel 1428 divennero veneziane pure le città oggi lombarde di Bergamo, Brescia e Crema con i relativi contadi. Un ruolo importante in queste campagne militari lo giocò il condottiero Bartolomeo Colleoni. Nel 1489 fu annessa l'isola di Cipro, precedentemente uno stato crociato, ceduto dalla sua ultima sovrana, la veneziana Caterina Cornaro (in ven. "Cornèr"). Nel 1495 Venezia riuscì ad espellere Carlo VIII dall'Italia grazie alla battaglia di Fornovo, respingendo il primo di una serie di assalti francesi. Temporaneamente ad inizio del XVI secolo furono venete pure Cremona, Forlì, Cesena, Monopoli, Bari, Barletta, Trani ecc. 

Con tale espansione i veneziani entrarono però in conflitto con lo Stato Pontificio per il controllo della Romagna. Questo portò nel 1508 alla formazione della Lega di Cambrai contro Venezia, nella quale il Papa, Re di Francia, Imperatore del Sacro Romano Impero e il Re d'Aragona si unirono per distruggere Venezia. Anche se nel 1509 i francesi furono vittoriosi nella Battaglia di Agnadello, le armate della lega dovettero arrestarsi ai margini della laguna: la coalizione si ruppe ben presto, e Venezia si ritrovò salva senza aver subito gravi perdite territoriali; la flotta fu però quasi completamente distrutta nella battaglia di Polesella alla fine di quell'anno, sotto il fuoco dell'artiglieria degli Estensi. La Repubblica dovette rinunciare ad esercitare la propria pressione politica sul piccolo ducato ma i confini rimasero assestati su quelli segnati alla fine della Guerra del Sale nel 1484. Il conflitto si protrasse sino al 1516, quando Venezia, passata all'alleanza con la Francia, sconfisse le forze della Lega Santa, riprendendo il pieno possesso della Terraferma.

Col Trattato di Noyon (1516) la Serenissima perse l'alta valle del fiume Isonzo (Gastaldia di Tolmino con Plezzo ed Idria) a favore della Contea di Gorizia e Gradisca, ma manteneva Monfalcone2. 

Il declino 

Le guerre con i Turchi e il Seicento - Guerra di Cipro (1570-1573), Guerra di Candia, Guerra di Morea e Guerra di Gradisca.

Dall'inizio del XV secolo un altro pericolo minacciava la repubblica: l'espansione dell'Impero ottomano nei Balcani e nel Mediterraneo orientale. Nel secolo XVI il successore di Solimano sul trono ottomano, Selim II, riprese le ostilità nei confronti dei superstiti domini veneziani nell'oriente attaccando l'isola di Cipro, che cadde dopo una lunga ed eroica resistenza. Venezia reagì inviando una flotta nell'Egeo e allacciando rapporti con Pio V allo scopo di creare una Lega cristiana per sostenere lo sforzo bellico della Serenissima. 

La Lega venne conclusa il 25 maggio del 1571. Essa vedeva riunite le forze di Venezia, Spagna, Papato e Impero, sotto il comando di Giovanni d'Austria, fratello di Filippo II re di Spagna. Le duecentotrentasei navi cristiane riunitesi nel golfo di Lepanto si scontrarono con le duecentottantadue navi turche comandate da Capudan Alì Pascià. Era il 7 ottobre del 1571 e la grande battaglia navale, combattuta da mezzogiorno al tramonto, si risolse con la vittoria della Lega cristiana. Nonostante la vittoria di Lepanto, di fronte alla scarsa volontà di Filippo II di continuare ad aiutare la Repubblica e alle esauste casse dello Stato, prosciugate dal conflitto e dalla crisi dei commerci, Venezia fu costretta a firmare un trattato di pace e a cedere agli Ottomani l'isola di Cipro ed altri possedimenti sulle coste della Morea. Quel trattato iniziava la decadenza militare e marittima della Serenissima. 

Nel XVII secolo, dopo un lungo conflitto (1645-69), venne persa anche Candia, dopo un assedio durato circa 24 anni. Venezia riuscì tuttavia a riconquistare ancora nel 1683-87 l'intera Morea (l'odierno Peloponneso), grazie all'abilità del suo ultimo grande condottiero, Francesco Morosini in seguito alla pace di Carlowitz del 1699; la Morea fu però presto riconquistata dall'Impero ottomano nel 1718, a causa anche dello scarso appoggio delle popolazioni greche, che non vedevano di buon occhio i veneziani. 

Il Settecento 

Con la Pace di Passarowitz del 1718, Venezia dovette cedere ai Turchi le ultime piazzeforti che ancora possedeva presso Candia e rinunciare alla Morea (l'antico possedimento del Peloponneso, perso con le campagne del 1715), ma poté conservare le Isole Ionie ed estendere i propri domini in Dalmazia. 

Nel XVIII secolo la Repubblica, persa progressivamente la propria potenza, si adagiò nel perseguire una politica di conservazione e neutralità. A questo si accompagnava un sempre più ridotto dinamismo del ceto politico, sempre più legato ai crescenti interessi fondiari in terraferma del patriziato veneziano. Questo, poi, subì una sempre più massiccia immissione di nuove famiglie nel corpo aristocratico, volto a sostenere l'economia dello Stato (grazie al ricco pagamento fornito dai nuovi nobili all'atto dell'iscrizione al libro d'oro del patriziato) e a rinsaldare i legami coi ceti dirigenti della terraferma. 

Tuttavia in questo periodo la "Serenissima" - anche se ormai politicamente sulla via del tramonto - brillava ancora dal punto di vista del profilo culturale, basti ricordare al riguardo i nomi di Vivaldi nella musica, Goldoni nella letteratura e Tiepolo ed il Canaletto nella pittura. 

Non mancavano poi gli interventi militari, soprattutto contro la pirateria barbaresca, con le spedizioni del 1766 e 1778 contro Tripoli e quella più massiccia del 1786-1787, quando alla guida di Angelo Emo vennero bombardate Sfax, Tunisi e Biserta. 

Alla vigilia del nuovo XIX secolo, la vita pubblica veneziana venne infine agitata da travagli politici interni, provocati dalle nuove idee introdotte dalla Rivoluzione francese, cui il governo, pur arroccandosi su posizioni rigidamente conservatrici, non seppe fornire un'efficace reazione. Tale situazione favorì la caduta finale della Repubblica, di cui non fu secondaria causa il diffuso timore da parte della classe aristocratica dello scoppio di rivolte giacobine, che in realtà non si realizzarono mai. 

Caduta della Repubblica di Venezia e Trattato di Campoformio.

Nonostante la propria dichiarata neutralità durante la campagna d'Italia condotta dalla Francia rivoluzionaria, la Repubblica venne invasa dalle truppe francesi di Napoleone Bonaparte (1797), che occuparono la terraferma, giungendo ai margini della laguna. A seguito delle minacce francesi di entrare in città, nella seduta del 12 maggio 1797, il Doge e i magistrati deposero le insegne del comando, mentre il Maggior Consiglio abdicò e dichiarò decaduta la Repubblica. Il potere di governo passò a una Municipalità provvisoria, nel terrore generale di rivolta suscitato dalle salve di saluto dei fedeli soldati "schiavoni" (istriani e dalmati), che obbedirono all'ordine di evacuazione impartito per evitare scontri. 

Napoleone entrò così a Venezia senza quasi che fosse sparato un solo colpo, se non una salva d'artiglieria ordinata dal Forte di Sant'Andrea che distrusse la fregata francese "Le Libérateur d'Italie" mentre tentava di forzare l'ingresso in laguna. Poco dopo anche l'Istria e la Dalmazia, ormai caduta la madrepatria, si consegnarono ai francesi. 

Tentativi di riacquistare libertà e indipendenza - Repubblica di San Marco.

Durante i moti risorgimentali del 1848, di cui Venezia fu grande animatrice sotto la guida di Daniele Manin, vi fu un breve tentativo di restaurare l'antica repubblica contro la dominazione dell'Impero austriaco. Nella generale insurrezione del Veneto contro la dominazione asburgica, Venezia insorse contro gli austriaci il 17 marzo 1848, occupando l'Arsenale e costringendo le truppe imperiali ad abbandonare la città. Alla guida di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, fu proclamata la Repubblica di San Marco che, al procedere della repressione austriaca sulla terraferma, si appellò ai piemontesi chiedendo un'unione col Regno di Sardegna.

Nel generale fallimento dei moti insurrezionali della penisola italiana e dovendo accantonare momentaneamente i sogni di unificazione nazionale, Venezia resistette all'assedio del maresciallo Radetzky fino al 22 agosto 1849, quando dovette capitolare. 

Governo della Repubblica di Venezia.

La sovranità apparteneva formalmente al popolo veneziano, che sino al Quattrocento si riuniva nell'assemblea della Concio. Il popolo esercitava tradizionalmente il proprio potere nel momento dell'approvazione del Doge, eletto con un complicato sistema, elaborato per impedire brogli: nelle epoche più antiche l'approvazione rappresentava una vera e propria conferma da parte dei cittadini liberi dell'elezione del "Dux" veneto-bizantino da parte dei patrizi e del clero, poi, con il progressivo instaurarsi della forma oligarchica della Repubblica, il residuo dell'antico potere venne a sedimentarsi nella tradizionale acclamazione del popolo al nuovo Doge.

Il Doge rappresentava formalmente la sovranità e la maestà della Repubblica, ma aveva scarso potere (essenzialmente il diritto di guidare in guerra l'esercito e la flotta) ed era coadiuvato e controllato nelle proprie funzioni da sei consiglieri, coi quali costituiva il Minor Consiglio (o Serenissima Signoria). La sovranità risiedeva invece nel Maggior Consiglio, l'organo fondamentale dello Stato (esso rappresentava fino alla "Serrata del Maggior Consiglio" i notabili della città, poi i membri della sola aristocrazia), al quale appartenevano di diritto i membri maschi e maggiorenni delle grandi famiglie patrizie, mediamente circa un migliaio di individui. Il Maggior Consiglio esercitava poi la propria sovranità attraverso dei Consigli minori di sua emanazione: il Collegio, cioè il governo della Repubblica, il Senato (o Consiglio dei Pregadi), responsabile per la politica estera, il Consiglio dei Dieci, responsabile della sicurezza dello Stato, e i tribunali della Quarantia. In particolare il Consiglio dei Dieci venne nel tempo a costituirsi come un organismo quasi onnipotente, baluardo delle istituzioni repubblicane e dell'ordinamento oligarchico. 

Un capitolo a parte merita l'amministrazione della Giustizia, ammirata per secoli in tutto il mondo tanto da meritare alla Repubblica il titolo di Serenissima, proprio per la maniera equilibrata di fare giustizia. Essa si basava su un ridotto ruolo degli avvocati, su giudici non di carriera (aristocratici nominati per 1 o 2 anni, anche nelle alte gerarchie), e soprattutto per il modo di applicare le leggi al singolo caso concreto, che teneva conto delle decisioni precedenti (giurisprudenza) ma soprattutto mirava a realizzare la giustizia sostanziale, anche negando l'applicabilità di certe leggi se queste ledevano i principi superiori di giustizia, ossia la verità, il buon senso, la fede e l'equilibrio naturale delle cose. 

Le istituzioni di Governo 

Le istituzioni del Governo della Repubblica di Venezia erano strutturate su più livelli. Alla base c'era il Maggior Consiglio, detentore del potere sovrano, e al vertice il Doge, immagine della maestà dello Stato. 

Doge (Venezia)

Supremo magistrato della Repubblica, era eletto a vita e dal momento dell'elezione, che avveniva con un complicatissimo sistema di votazioni e ballottaggi (estrazioni a sorte), e dell'incoronazione davanti al popolo, con la pronuncia della Promissione Ducale, risiedeva nel Palazzo Ducale, ricevendo onori e circondandosi di un cerimoniale fastoso e solenne che doveva manifestare la gloria e la potenza della Repubblica. Doveva tuttavia provvedere da sé al sostentamento proprio e della propria famiglia; i suoi unici poteri consistevano nella nomina del Primicerio e dei canonici della Basilica di San Marco e la facoltà di condurre in guerra l'armata.

Minor Consiglio e Serenissima Signoria

Il Minor Consiglio si componeva dei sei Consiglieri ducali: coadiuvava e sorvegliava strettamente l'operato del Doge, per limitarne i poteri e curarne finanche la corrispondenza. Il più anziano dei sei consiglieri sostituiva il "Serenissimo Principe" nei casi d'assenza o di impedimento. Il Minor Consiglio e i Tre Capi della Quarantia, costituivano, assieme al Doge, la Serenissima Signoria, organo di presidenza di tutte le assemblee dello Stato.

Collegio dei SaviCollegio

Il Collegio dei Savi costituiva in pratica il consiglio dei ministri della Repubblica. Si componeva di sei Savi Grandi, cinque Savi agli Ordini e cinque Savi de Teraferma, che disponeva in materia di politica estera, finanze e affari militari, stabilendo l'agenda dei lavori del Senato: nei casi in cui veniva presieduto dalla Signoria il Collegio assumeva il nome di Pieno Collegio.

Consiglio dei PregadiSenato

Noto anche come Consiglio dei Pregadi (lett. di coloro che venivano "pregati" di fornire il proprio consiglio al Doge), il Senato della Repubblica si componeva del Pien Collegio e di sessanta senatori, cui si aggiungevano i sessanta membri della Zonta (lett. "aggiunta"). A questi senatori di diritto potevano aggiungersi ex officio funzionari, ambasciatori, comandanti militari, etc., di volta in volta convocati per riferire delle loro missioni o per fornire il proprio parere nelle questioni trattate. Il Senato era infatti l'organo deliberativo della Repubblica, che si occupava di discutere della politica estera e dei problemi correnti, per i quali si configurava come un organismo decisionale più snello rispetto al Maggior Consiglio.

Consiglio dei Dieci e Tre Inquisitori di StatoInquisitori di Stato

Il Consiglio dei X era composto di dieci membri con incarico annuale, dotati di ampi poteri al fine di garantire la sicurezza della Repubblica e del suo governo. Ad essi si affiancava il più snello magistrato dei Tre inquisitori di Stato, incaricato di proteggere il segreto di Stato. L'attività di tali organi era legata in particolare all'uso delle Denunzie Segrete dalle quali si originavano spesso i procedimenti di tali organismi, che giudicavano poi con giudizio esecutivo, inappellabile e, all'occorrenza, segreto. Nato formalmente il 20 luglio 1335 come istituzione permanente che durerà fino alla fine della Repubblica di Venezia nel 1797.

Quarantia

Il Consiglio dei XL era organo sovrano nella programmazione finanziaria e nel governo della Zecca, operando inoltre come Supremo Tribunale nei procedimenti ordinali civili e penali, suddiviso nelle tre sezioni della Quarantia Criminale, della Quarantia Civil Vecchia e della Quarantia Civil Nuova.

Maggior Consiglio

Era l'organo sovrano dello Stato veneziano, cui appartenevano, automaticamente e di diritto tutti i membri maschi e maggiorenni delle famiglie patrizie: tale assemblea coincideva in pratica con la Repubblica stessa, avendo competenza illimitata in qualunque materia e procedendo all'elezione di tutti gli altri consigli e magistrature. 

L'organizzazione territoriale - Reggimento (Repubblica di Venezia).

A partire dall'iniziale nucleo territoriale del Dogado cioè il ristretto territorio metropolitano di Venezia e delle lagune, i domini veneziani si espansero sia oltremare che in terraferma attraverso conquiste militari, investiture feudali e dedizioni. Questo diede vita ad un'organizzazione territoriale piuttosto eterogenea, legata alle condizioni storiche e politiche in cui o vari territori, città, castelli o isole erano entrate nel possesso della Repubblica.

Nel tempo tuttavia tutti finirono per essere in generale amministrati da funzionari eletti con vario titolo dal Maggior Consiglio ed inviati nei possedimenti per amministrarli per un periodo detto reggimento.

Amministrazione del Dogado

Il Dogado, anticamente governato come sorta di confederazione di città, ciascuna amministrata da propri tribuni, con il rafforzamento del potere centrale, passò ad essere suddiviso in distretti retti da podestà inviati dalla capitale. Unica eccezione era Grado, che, espropriata nel X secolo all'amministrazione del Patriarca, era amministrata da un funzionario avente il titolo di conte. 

Amministrazione dello Stato da Mar

Nel corso della loro espansione i Veneziani costituirono in tutto il Mediterraneo Orientale una serie di colonie, cioè di stabili insediamenti commerciali di propri cittadini, spesso separati dal resto delle città ospitanti e cinti da mura, che godevano di particolari privilegi e autonomie concesse dagli Stati ospitanti (particolarmente dall'Impero d'Oriente). 

Dal 1204 al 1261 il Podestà di Costantinopoli, cioè della colonia di Costantinopoli, fu il rappresentante del governo veneziano in tutta la Romània: assistito da un consiglio di sei membri, da 5 giudici e 2 camerarii (per le questioni economiche), da lui dipendevano tutti i cittadini veneziani in oriente, tutti i possedimenti e le colonie compresa Candia. Dal 1277 in poi la colonia sul Corno d'Oro fu retta dal Bailo di Costantinopoli (carica biennale). In generale il bailo o balio (dal latino baiolus, portatore, reggitore) era un ambasciatore residente con autorità su una colonia e sui cittadini veneziani presenti nella nazione o territorio ad essa collegato. Baili veneziani risiedettero ad Acri, Tiro, Aleppo, Laodicea, Patrasso, Tenedo, Cipro, Negroponte e Aiazzo.

Con il passare del tempo i baili vennero sostituiti dalla figura del console, cioè del funzionario incaricato di amministrare la colonia e di rappresentare gli interessi dei mercanti. La rappresentanza diplomatica venne invece affidata ad ambasciatori appositamente inviati. Unica eccezione rimase il caso di Costantinopoli, dove dal 1322 il bailo aveva, come in precedenza il podestà, la giurisdizione generale su tutto l'oriente, si trattasse di colonie o possedimenti. Consoli veneziani risiedettero a Corfù, Zante, Cefalonia, Santa Maura, Cerigo, Giannina, Prevesa, Arta, Lepanto, Patrasso, Nauplia, Atene, Tessalonica. Altri ancora risiedettero in Occidente, come a Cadice e altrove. Numerosissime località minori furono sede di viceconsoli. Sempre col trascorrere del tempo tutte queste cariche divennero prerogativa dei cittadini, mentre il solo Bailo di Costantinopoli fu scelto tra i nobili.

Venezia, nelle prime fasi dell'espansione, organizzò parte dei suoi domini secondo le modalità del rapporto feudale di signoria-vassallaggio, con obbligo di omaggio alla Repubblica e impegno a favorirne il commercio: 

il Ducato di Nasso, istituito nelle isole egee, dove fu incentivato l'intervento "privatistico" delle famiglie nobili in cambio della signoria sui possedimenti conquistati: 

il Ducato di Durazzo; 

i feudi di Corfù (fino al 1213); 

i feudi di Cefalonia; 

i feudi di Zante; 

il Granducato di Lemno ai Navigajoso. 

i Marchesati di Cerigo e Cerigotto; 

il Ducato di Candia, il cui territorio a partire dal 1212 fu diviso in feudi, raccolti in sei regioni, ciascuna assegnata a coloni di uno dei sei sestieri di Venezia. Il governo autonomo dell'isola venne inoltre organizzato su modello della madrepatria, attraverso un sistema di assemblee, fino a quando, in seguito all'ultima e più grave di una serie di rivolte (1274, 1277, 1283-1299, 1341), nel 1363 Creta non perse la sua autonomia e venne direttamente governata dalla Repubblica. 

Col titolo di castellano erano invece designati i governatori militari delle fortezze, come le due importanti città di Corone e Modone, principali basi d'accesso per il controllo dell'Egeo e definite Venetiarum Ocellae (gli occhi di Venezia).

In seguito i possedimenti veneziani passarono sempre più sotto il controllo di Provveditori o Provveditori Generale, cioè di funzionari della Repubblica inviati nei territori sotto la diretta amministrazione di Venezia (ad esempio la Morea fu retta da provveditori nel periodo 1685-1715).

Amministrazione dei Domini di Terraferma

Le principali città della terraferma, come Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, erano rette da una coppia di funzionari: un Podestà e da un Capitano, il primo responsabile civile, il secondo responsabile militare e per l'ordine pubblico. Nei centri minori, quali Crema, Rovigo, Treviso, Feltre e Belluno erano invece un Rettore, responsabile unico civile e militare. Il Friuli, invece, era considerato un territorio autonomo, governato da un Provveditore Generale (similmente ai domini marittimi), da cui dipendevano i vari rettori.

L'amministrazione della Serenissima si assicurava comunque di rispettare le leggi ed i costumi delle varie città, a lei vincolate da un giuramento di fedeltà: la nobiltà locale ed i rappresentanti delle corporazioni affiancavano infatti i magistrati veneziani, con diritto di voto nei giudizi, salvo alcuni settori ben definiti questo secondo la legge del luogo. In caso di contrasti era possibile il ricorso in appello al tribunale della Quarantìa. 

Principali possedimenti di terraferma furono i territori del Padovano, della Marca, del Vicentino, del Veronese, del Bresciano, del Bergamasco, del Cremonese, del Friuli, del Polesine e del Cadore. 

L'organizzazione militare - Marineria veneziana e Esercito veneziano.

Per secoli legata esclusivamente alla potenza della propria flotta, costituita da un corpo di cittadini-mercanti che in caso di necessità potevano trasformarsi in marinai-soldati, con la conquista dello Stato da Mar, la Repubblica poté far leva anche su forze reclutate nei domini oltremarini.

Nel Quattrocento, poi, l'espansione e la conquista della Terraferma resero necessario il ricorso a compagnie di ventura e mercenari per potersi dotare di forze terrestri, che però rimasero organizzativamente e dimensionalmente sempre secondarie rispetto all'organizzazione navale.

Nel Cinquecento si procedette alla costituzione di milizie territoriali, le cernide o craine, per consentire una maggiore capacità di risposta alle sempre più frequenti incursioni dei Turchi e per la difesa dei possedimenti terrestri e marittimi. Il Seicento vide, poi, la riforma della flotta, con la creazione di una vera e propria marina da guerra, che verso la fine del secolo venne separata tra una componente tradizionale a remi, l'Armada sottile, e una nuova componente di grandi navi a vela, l'Armada Grossa.

Il Settecento vide infine il tentativo di creazione di un esercito regolare, che venne però bruscamente interrotto dalla caduta della Repubblica. 

I due massimi gradi militari, rispettivamente quello di Capitan General da Mar per la flotta e di Capitan General di Teraferma, erano riservati, il primo, esclusivamente a patrizi veneziani e, il secondo, prevalentemente ad esperti mercenari. Entrambi risultavano comunque, almeno formalmente, subordinati al Doge, in qualità di supremo comandante militare dello Stato.

Patriziato (Venezia), Cittadini (Venezia) e Forestieri.

A partire dal Duecento la società veneziana si venne definitivamente a cristallizzare in classi sociali ben definite: 

1. il Patriziato, formato dai maggiorenti della città, partecipi di diritto al potere politico; 

2. i Cittadini, distinti tra i cittadini originarii, cioè i nativi da famiglie veneziane, cioè di coloro che godevano della piena cittadinanza ed avevano accesso alle cariche riservate al corpo sociale dei cives, i cittadini de intra et de extra ("dentro e fuori"), cioè i nuovi arrivati che godevano però della piena cittadinanza e della garanzia dello Stato sia dentro che fuori dai confini ed infine i cittadini de intus tantum ("solo dentro"), cioè di coloro che erano garantiti dallo Stato nel proprio territorio, ma non potevano accedere ai privilegi riservati ai Veneziani fuori dai confini;

3. i Foresti, cioè gli stranieri di passaggio o recentemente inurbati o appartenenti al basso popolino: accedevano alle garanzie legali, ma non ai privilegi di cittadinanza, e la loro presenza doveva essere regolarmente registrata e sorvegliata dai Capisestiere.

L'aristocrazia veneziana era una categoria sociale relativamente aperta: ad essa si poteva accedere per grandi meriti e servigi offerti alla Repubblica. In pochi casi, per rimpinguare le finanze in tempo di guerra, la Repubblica vendette l'iscrizione al "libro d'oro" dell'aristocrazia. L'aristocrazia non era solo una classe di privilegiati, ma anche di servitori professionisti dello Stato, educati nell'università di Padova. Infatti i nobili veneziani lavoravano nell'amministrazione anche come segretari di ufficio, contabili, capitani di porto, e anche giudici. Per impedire il concentrarsi del potere in poche mani, garantire un certo ricambio e consentire al maggior numero di aristocratici di avere un impiego, tutte queste cariche erano di breve durata, spesso di un solo anno. Erano spesso mal pagate, tanto che molti nobili sopravvivevano grazie all'assistenza pubblica per gli aristocratici poveri. 

I cittadini trovavano invece i propri centri di aggregazione nelle Scholae, le confraternite religiose o di mestiere.

Ordini equestri 

Ordine di San Marco o del Doge 

Ordine della Stola d'oro 

Economia e commerci 

Rotte e meccanismi commerciali - Muda.

Alla base del successo e dell'ascesa politica di Venezia durante tutto il Medioevo si trovava l'eccezionale floridezza dei suoi commerci. Fin dalle sue origini, infatti, la città vantava uno speciale legame con l'Oriente, che l'aveva resa per l'intera Europa occidentale, una porta privilegiata verso il Levante e tramite verso tutto quel sistema commerciale che si fondava sulla ricchezza delle merci in viaggio lungo la Via della Seta.

I privilegi ottenuti nel corso dei secoli dall'Impero Bizantino (in primis la Bolla D'Oro del 1082) avevano reso infatti la città monopolista in molti mercati orientali e principale attore del commercio in quell'area.

Spezie, sete, profumi, legnami pregiati transitavano così da Venezia diretti verso il continente e in cambio Venezia ne riceveva in pagamento oro e argento o materie prime e armi per alimentare il commercio con l'Oriente.

A ciò si aggiungevano i preziosi prodotti locali, come i vetri di Murano e i tessuti ricavati dai panni grezzi d'importazione.

Il mercato di Rialto diveniva così il fulcro di questi intensi traffici, il luogo d'incontro tra domanda e offerta, dove si battevano i prezzi di merci che viaggiavano per migliaia di chilometri, dalla Cina e dall'India, dall'Arabia sino a Londra e alle Fiandre e dove erano ospitate le botteghe delle Arti come quelle dei fruttaroli (o fruttivendoli), degli erbarali (venditori di erbaggi), dei naranzèri (venditori di arance e agrumi in genere). 

Per secoli, la base di questa complessa organizzazione economica venne rappresentato dai convogli navali, le cosiddette Mude: vere e proprie carovane marine, organizzate e controllate dallo Stato, che con periodica costanza collegavano i lontani porti di Alessandria, Acri, Costantinopoli e di Crimea con Venezia e poi questa con, Aigues Mortes, Londra e Bruges.

Era per garantire porti sicuri, punti d'appoggio e protezione a tali convogli che la Repubblica si spinse sino a creare la propria rete di possedimenti, colonie e feudi in Oriente. 

Sulla base di questa stessa ricchezza mercantile si fondavano poi le fortune del Patriziato veneziano, contribuendo così a plasmare la stessa organizzazione della società e dello Stato.

Il declino stesso della Repubblica finì infatti per coincidere col declino dei commerci, dettato prima, nel XV secolo, dall'apertura delle nuove rotte marine attorno all'Africa e, con il crescere della aggressiva potenza ottomana, dalla progressiva scomparsa dei tradizionali referenti commerciali, e poi dalla scoperta delle Americhe, con il conseguente spostamento dell'asse commerciale dal mar Mediterraneo all'Atlantico.

Il progressivo inaridirsi dei commerci spinse Venezia a rivolgersi verso la Terraferma, trasformandosi sempre più in una potenza continentale. 

La monetazione - Zecca di Venezia e Monetazione veneziana.

Per la rilevante importanza commerciale dello Stato veneziano, grande fu la diffusione e l'influenza della sua produzione monetaria in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Le monete veneziane erano caratterizzate dal recare sul dritto l'effigie del doge regnante recante lo stendardo e inginocchiato davanti a San Marco. Il conio a partire dal Cinquecento avveniva in un apposito edificio affacciato sul molo marciano, la sansoviniana Zecca, sulla cui attività vigilava rigidamente la Quarantia. 

Nel corso della millenaria storia della Repubblica vennero coniati numerosi tipi di monete, i più importanti dei quali furono il Ducato d'argento o Matapan, il Soldo d'argento, la Lira d'argento o Lira Tron, lo Zecchino d'argento e soprattutto il Ducato d'Oro o Zecchino.

San Marco evangelista e Leone di San Marco.

Fin dal trafugamento del corpo dell'Evangelista da Alessandria d'Egitto nell'828 ed il suo arrivo a Venezia, lo Stato lagunare costituì uno speciale e particolarissimo rapporto con il proprio patrono. Questo legame, causato dalla particolare importanza della reliquia e soprattutto dal particolare legame esistente tra il Santo e le Chiese dell'Italia nord-orientale che alla sua predicazione facevano risalire la propria origine, portò a far considerare il santo patrono come custode della sovranità dello Stato, assurgendone a simbolo. La Repubblica amava così farsi chiamare Repubblica di San Marco e le sue terre furono di frequente note come Terre di San Marco. Il leone alato, simbolo dell'Evangelista, compariva così nelle sue bandiere, negli stemmi e nei sigilli, mentre gli stessi Dogi erano raffigurati nell'incoronazione inginocchiati, nell'atto di ricevere dal Santo il gonfalone.

Viva San Marco! 

Viva San Marco! fu il grido di battaglia della Repubblica di Venezia, utilizzato fino alla sua dissoluzione nel 1797, causata dalla campagna italiana di Napoleone, e nella rinata Repubblica retta da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. L'ultima volta che fu usata fu nella Battaglia di Lissa nel 1866, quando la flotta austriaca (dove erano presenti equipaggi di varie nazionalità, fra cui anche veneti, giuliani e dalmati) sconfisse la flotta italiana e al momento dell'annuncio della vittoria da parte dell'ammiraglio Von Tegetthoff i marinai e soldati risposero festanti.3 Il grido "San Marco!" viene oggi utilizzato dal personale militare del Reggimento lagunari “Serenissima” in ogni attività o cerimonia ufficiale, poiché i moderni lagunari hanno ereditato le tradizioni dei "Fanti da Mar" della Serenissima Repubblica di Venezia. 

Bibliografia 

AA. VV. : Storia di Venezia, Treccani, 12 Voll., 1990-2002

AA. VV.: Venezia e l'Islam, Marsilio editori, Venezia, 2007. ISBN 978-88-317-9374-2

Benvenuti, Gino: Le Repubbliche Marinare. Amalfi, Pisa, Genova, Venezia, Newton & Compton editori, Roma, 1989. ISBN 88-8183-718-8

Berengo, Marino: La società veneta alla fine del Settecento, Ricerche storiche, Sansoni, Firenze, 1956.

Da Mosto, Andrea: L'Archivio di Stato di Venezia, indice generale, storico, descrittivo ed analitico, Biblioteca d'Arte editrice, Roma, 1937.

Diehl, Charles: La Repubblica di Venezia, Newton & Compton editori, Roma, 2004. ISBN 88-541-0022-6

Logan, Oliver: Venezia. Cultura e società (1470-1790), Il Veltro editore, Roma, 1980. ISBN 88-85015-10-7

Lowry, Martin Il mondo di Aldo Manuzio. Affari e cultura nella Venezia del Rinascimento, Il Veltro editore, Roma, 1984. ISBN 88-85015-23-9

McNeill, William H.: Venezia, il cardine d'Europa (1081-1797), Il Veltro editore, Roma, 1984. ISBN 88-85015-04-2

Mutinelli, Fabio: Lessico Veneto, tipografia Giambattista Andreola, Venezia, 1852.

Queller, Donald E.: Il patriziato veneziano. La realtà contro il mito, Il Veltro editore, Roma, 1987. ISBN 88-85015-28-X

Romanin, Samuele: Storia documentata di Venezia, Pietro Naratovich tipografo editore, Venezia, 1853.

Tomaz, Luigi, In Adriatico nell'antichità e nell'alto medioevo, Presentazione di Arnaldo Mauri, Think ADV, Conselve, 2001.

Tomaz, Luigi, Il confine d'Italia in Istria e Dalmazia, Presentazione di Arnaldo Mauri, Think ADV, Conselve 2007.

Tomaz, Luigi, In Adriatico nel secondo millennio, Presentazione di Arnaldo Mauri, Think ADV, Conselve, 2010.

Zorzi, Alvise: La Repubblica del Leone. Storia di Venezia, Euroclub, Milano, 2001. ISBN 88-452-9136-7

Zuffi, Stefano; Devitini, Alessia; Castria Francesca: Venezia, Leonardo Arte editori, Milano, 1999. ISBN 88-7813-123-7

Voci correlate 

Repubbliche marinare

Repubblica di San Marco

Stati italiani preunitari

Storia di Venezia

Cronologia di Venezia

Gonfaloni della Repubblica Serenissima

Governo della Repubblica di Venezia

Altri progetti 

Commons contiene immagini o altri file su Repubblica di Venezia

Collegamenti esterni 

Andrea Da Mosto - L'[[Archivio di Stato di Venezia] 

Testi per la storia di Venezia sul sito www.storiadivenezia.net

Variazioni territoriali della Repubblica di Venezia

storia politica (tedesco) 

Portale Medioevo
Portale Storia
Portale Venezia

Valier (famiglia)

Valier è il nome di un'antica famiglia del patriziato veneziano. Essa appartinene al ristretto numero delle famiglie che furono rappresentate nel Gran Consiglio di Venezia da uno o più membri, ininterottamente, per mezzo millennio, dalla sua Serrata nel 1297, alla fine della Serenissima nel 1797 ad opera delle truppe napoleoniche . Secondo alcuni studiosi ebbero origine dalla Gens Valeria dell'antica Roma,della loro storia a Venezia se ne ha traccia fin dal IX secolo.Diedero due Dogi alla Serenissima (Bertuccio e Silvestro Valier), due cardinali alla Chiesa Cattolica (Agostino e Pietro).4. 

« Vennero a Venezia nel 1039, dicono le Croniche, ed in questo fallano, perché io ho veduto che Piero e Corado Valero del 890, sottoscrissero la dichiarazione delli confini di Chiozza, ed Otto Orsuol Dose del 1009, con li suoi giudici, e Populo, dichiarì qual fazioni dovevano fare, e ciò, che dovevano pagare gli abitanti di Città Nova, già detta Eraclia; sottoscrisse il Dose, ed altri 43, due delli quali furono Petrus, et Joannes Valerio. Joannes Valerio del 1122 sottoscrisse il giuramento fatto a quelli de Barri. Domenico Valier era alla Giustizia Vecchia del 1255. Valerio Vescovo di Torcello, che visse del 990, e poi Nicolò valoroso Capitano nelle imprese di Terra Santa contro gli Infedeli circa l’anno 1000.5 »

(Marcantonio Barbaro) 

Personalità 

Agostino Valier, cardinale ( 1583 ) vescovo di Verona 

Alberto Valier, vescovo 

Bertuccio Valier, doge della Repubblica di Venezia, 1656 

Silvestro Valier, doge della Repubblica di Venezia, 1694 

Pietro Valier, cardinale ( 1694 ) arcivescovo di Candia 

Andrea Valier, letterato, autore di una Historia della guerra di Candia, 1679

Genealogia 

Valerio dei Valerii , Senator veneto ( 1000 ca). 

Massimo ( 1030 ca ) 

Valerio ( 1050 ca ) 

Marco ( 1075 ca ) 

Valerio ( 1100 ca ) 

Andrea ( 1120 ca ) 

Marco ( 1140 ca ) 

Valerio ( 1160 ca ) 

Andrea ( 1200 ca ) 

Valerio ( 1220 ca ) 

Nicolò ( 1240 ca ) glorioso capitano nell’impresa di Terra Santa contro gli Infedeli. 

Vidal ( 1260 ca ) 

A1. N.H. Nicolò (1280)Trasferitosi nell'attuale sestiere di Dorsoduro. 

Membro della Quarantia che dettò il criterio di ammissione al Gran Consiglio.

B1. N.H. Francesco (1310), Patrizio Veneto. Fu uno dei 41 elettori del doge Francesco Dandolo nel 1328. 

C1. N.H. Polo (1336), Patrizio Veneto. Insediato nella contrada di San Raffaele 

C2. N.H. Nicolò (1334), Patrizio Veneto 

C3. N.H. Andriol (1354), Patrizio Veneto, contrada di San Raffaele6. 

D1. N.H. Bertucci (* 4-12-1365), Patrizio Veneto 

D2. N.H. Francesco (* 4-12-1356), Patrizio Veneto 

D3. N.H. Marco, Patrizio Veneto 

D4. N.H. Tomaso, Patrizio Veneto 

E1. N.H. Ottavian (* 4-12-1405), Patrizio Veneto.

= N.D Betta Dolfin (1414) di N.H. Benetto, di N.H. Bianco. 

E2. N.H. Giacomo (* 1418), Patrizio Veneto.

= 1) N.D. Genevra Querini (1418) di N.H. Michiel, di N.H. Francesco 

= 2) N.D. (?) Zantoni (1443) di Nicolò, di Marco 

E3. N.H. Valerio, Patrizio Veneto 

E4. N.H. Alvise, Patrizio Veneto 

E5. N.H. Nadal (* 1414), Patrizio Veneto 

= N.D. Bianca Tajpiera (1417) di N.H. Zanne, vedova del N.H. Alvise Vidoro di Piero. 

E6. N.H. Simon, Patrizio Veneto. 

E7. N.H. Marin (* 14..), Patrizio Veneto 

= 1) N.D. (?) Foscarini (1417) di N.H. Francesco, di N.H. Alvise 

= 2) N.D. (?) Salomon (1429) di N.H. Michiel , di N.H. Nicolò = 3) N.D. (?) Moro (1439) di N.H. Zanne, di N.H. Alvise, vedova del N.H. Mattia Donà di Natale. 

F1. N.H. Dolfin (* ante 3-12-1454 + 1505), Patrizio Veneto 

= N.D. Paula Dandolo (1465) di N.H. Andrea, di N.H. Giacomo. 

F2. N.H. Girolamo (* 26-11-1443 + 1487), Patrizio Veneto7

= N. D. Zanetta Mezzo (1473) di N.H. Francesco, di N. H .Francesco. 

F3. N.H. Alvise (* 8-12-1441 + 1501), Patrizio Veneto 

F4. N.H. Francesco, Patrizio Veneto 

F5. N.H. Antonio (* 26-11-1459 + 1510), Patrizio Veneto 

= N.D. Chiara Donà (14??) di N.H. Luca, di N.H. Benetto. 

F6. N.H. Valerio, Patrizio Veneto 

F7. N.H. Polo (* 17-1-1447), Patrizio Veneto 

= 1459 N.D. (?) Tiepolo di N.H. Andrea, di N.H. Marco 

G1. N.H. Ottavian (* ante 28-8-1488 + 1519), Patrizio Veneto 

= 1) N.D. Betta Salomon di N. H. Michiel, di N.H. Salomon. = 2) N.D. Betta Mezzo di N.H. Francesco, di N.H. Francesco. 

G2. N.H. Andrea (* ante 29-10-1487 + 1497), Patrizio Veneto8. 

G3. N.H. Francesco (* ante 1-7-1487), Patrizio Veneto 




Stipite di San Silvestro

H1. N.H. Dolfin (*21-1-1515) Patrizio Veneto 

= 1537 N.D. Laura Pisani di N.H. Zuanne , di N.H. Vettor . 

H2. N.H. Zan Andrea ( * 1510 + 1598 ) Patrizio Veneto 

H3. N.H. Zan Girolamo ( *3-12-1518 + 17-3-1566 ) Patrizio Veneto 

= 1538 N.D.…..Corner di N.H. Marcantoni di N.H. Zuanne 

I1. N.H. Zaccaria (* 24-9-1554 +23-7-1621 ) Patrizio Veneto 

= 1574 N.D. Zustiniana Zustinian (+ 26-3-1603) di Marco , di Zanantoni. 

I2. N.H. Ottaviano Patrizio Veneto, Senatore 

J1. N.H. Zuanne (* 4-10-1578 +10 /1642 ) Patrizio Veneto 

= 1609 N. D .Elena Moro di N.H. Antonio, di N.H. Domenico, ved. Di N.H. Mario Soranzo di N.H. Bernardo. 

J2. N.H. Dolfin (* 8-8-1577 ), Patrizio Veneto 

J3 .N.H. Marco (* 6 -5-1581 + 18-3-1651 ), Patrizio Veneto 

J4. N.H. Ottavian (* 22-7-1588 + 12-11-1658 ), Patrizio Veneto 

= 1620 N.D. Marina Soranzo di N.H. Mattia , di N.H. Bernardo 

K1. N.H. Zaccaria (* 12-2-1610 + 8-8-1668 ), Patrizio Veneto 

= 1650 N.D. Adriana Tiepolo di N.H. Marcanton i, di N. H .Zuanne 

L1. N.H. Zuanne (* 8-7-1652 + 11-1702) Patrizio Veneto 

= 1680 N.D. Faustina Contarini di N.H. Nicolò di N.H. Zan Battista. 

L2. N.H. Bertucci (* 13-8-1653 + 11-1729 ) Patrizio Veneto 

L3. N.H. Ottavian (* 6-6-1657 ) Patrizio Veneto 

L4. N.H. Silvestro(* 21-7-1664 ) Patrizio Veneto 

M1. N.H. Zaccaria (* 15-11-1682) Patrizio Veneto 

= 1709 N.D. Lucietta Donnini di N.H. Bernardo 

N1. N.H. Ottavian (* 24-9-1719) 

= 1758 N.H. Giulia Bonlini di N.H. Girolamo 

N2. N.H . Zuanne (* 14-2-1710 Patrizio Veneto 

= 1776 N.D. Gaspara Anastasia Loredan di N.H. Pietro. 

N3. N.H. Bernardo (* 15-11-1712) Patrizio Veneto.9

N4. N.H. Nicolò (* 26-1-1712) Patrizio Veneto. 

N5. N.H. Silvestro (* 4-6-1717) Patrizio Veneto. 

N6. N.D. Maria ( * 1724 ) Patrizia Veneta 

O1. N.H. Girolamo (* 15-11-1768 ) Patrizio Veneto , confermato Nobile con Sovrana Risoluzione dell’Imperatore d’Austria del 22 novembre 1817. 

= 14-10-1800 N.D. Caterina Dolfin Patrizia Veneta del N. H . Alessandro. 

O2 .N.H. Zaccaria (* 1760+1813) Patrizio Veneto.10

= 1793 N.D. Lucrezia M. Loredan di N.H. Cristoforo Antonio, separata presso il Magistrato Civile , senza figli . 

O3. N.D. Lucia Patrizia Veneta , nubile, morta in S. Silvestro. 

Ramo Primogenito11

P1. Nob. Ottaviano ( * 8-10-1801+ 12-9-1873 ) Nobile Veneto dell’I. A. , figlio del N.H. Girolamo. 

= 1) 1829 Nob. Caterina Tiepolo , del Nobile. Gian Almorò del N.H. Alessandro , ebbero tre figlie : Maria (*1830+1853), Elena ( *1836 + 1857),Giulia . 

= 2) Nob. Maria Teresa Tiepolo , del Nobile Alvise Almorò , due figlie : Caterina Maria (*1856), Angela. 

= 3) Luisa Pierina Crespi di Angelo, dalla quale ebbe : 




Q1. Co. N.H. Alberto (* 23-8-1860 ) Patrizio Veneto. Nominato Conte con Regio Decreto di motu proprio il 14 febbraio 1892 . 

= 14-7- 1897 Luisa Toso di Angelo e di Angela Belloni . 

Q2. Co. N.H. Angelo ( * 16-11- 1861 ) Patrizio Veneto. 

Q3. N.D. Amalia ( * 20 -7- 1863 ) Patrizia Veneta. 

Q4. N.D. Edvige ( * 17-2- 1865) Patrizia Veneta. 

Q5. Co. N.H. Carlo (* 3-12-1866 +1930 ) Patrizio Veneto. 

= 1) Giulia Querini di N. H. Nuzio e di Carlotta Roelli = 2) Giulietta Bernardelli ( *1888+1951) 

R1. N.H. Valeria (*1896+1966) 

= comand. Angelo Procaccini. 

R2. Co. N.H. Ottaviano ( * 1916 + .. ) Patrizio Veneto , figlio di Carlo, di Alberto 

= Luisa Lombardi. R3 . N.D. Maria Luisa ( * 1918 ) Patrizia Veneta = Paronetto 

S1. Paola ( * 28-5- 1941) . 

= Piero Giordano. 

S2. Carlo ( * 10-5- 1944) . 

= Laura Fragasso, figli : Andrea , Marta , Luigi . 

S3 .Marco ( * 21-8- 1948 ) . 

= Idanna Abignente di Fassello , figlio : Matteo. 

S4 . Alberto ( * 30-9- 1951 ) . 

= Laura Azzaroli , figli : Franca , Guido , Silvia ,Lorenzo , Bernardo , Daniele, Elena , Paolo , Michele,Giacomo, Agostino. 

S5 . Enrico ( * 30-3- 1953 ) . 

= Silvia Franchi .12

Ramo Secondogenito13

P2. Nob. Alessandro ( * 18-6-1803 ) Nobile Veneto dell’I . A. , figlio del N. H . Girolamo. 

= 3-7-1849 Luigia Bolzoni 

Q1 . N. H . Silvestro ( *16-5-1849+18-4-1906 ) Patrizio Veneto. 

= Teresa Pierina Gallina (*1856 + 1929 ) ebbe nove figli ( tre deceduti in tenera età ) : 

R1 . N.D. Bianca (*1879+1951 ) Patrizia Veneta . 

= Mauro Borgo. Figli : Mario, Piera, Luisa, Alberto. 

+ R2 . Alessandro (1880 + 1883) deceduto in tenera età. 

R3 . N.D. Luigia ( *1881+ 1944 ) Patrizia Veneta 

R4 . N.D. Antonietta (*1885+ 1942 ) Patrizia Veneta. 

+ R5 . Alberto ( 1890 + 1890 ) deceduto in tenera età . 

+R6 . Maria ( 1891 + 1893 ) deceduta in tenera età . 

R7 . N.D. Elsa ( * 1893 +1968 ) Patrizia Veneta. 

R8 . N.D. Angelica (*1895 +1970 ) Patrizia Veneta . 

R9 . N.D. Valeria ( * 1898 + 1929 ) Patrizia Veneta. 

= Ferruccio de Mitri ( * 1894 + 1956) . Ebbe due figli : 1. Pierluigi (+ bambino ) 2. Giovanni ( * 1919 + 1998 )14

Palazzi e architetture

Palazzo Valier ( Sestiere di S.Polo , Venezia ). Ubicato in Rio Terà San Silvestro, di fronte all’omonima Chiesa . Fu sontuosa residenza dello stipite Valier di San Silvestro.L’edificio settecentesco del tipo a fronte tricellulare, sorge su antiche preesistenze bizantine , la costruzione risale alla fine del XVI Secolo e subì successivi ampliamenti.Viene tramandato che qui , ospite della famiglia Valier, morì il celebre pittore Giorgione.

Palazzo Valier (Sestiere di Cannaregio, Venezia). Già Ca' Gonella,15, ivi nacquero Bertucci e Silvestro Valier, eletti dogi rispettivamente nel 1656 e nel 1694. Fu acquistato nel 1572 dal prozio di Bertuccio, di nome Silvestro. L'edificio era grandioso ed era noto per avere una delle più spaziose sale di Venezia. Carlo Ridolfi ricorda che esternamente era affrescato con chiaroscuri rappresentati storie e fantasie per opera del pittore Santo Zago. Il doge Silvestro non ebbe discendenza diretta, perciò la proprietà del palazzo andò a Valerio, figlio di Bembo, del ramo di Santa Maria Formosa. La costruzione non ebbe una sorte delle più felici, infatti nel 1541 un temporale “rovinò tutti li camini della Cha’ Gonella”, seguito da un incendio nel 1756. Il Palazzo fu definitivamente demolito tra il 1789 e il 1805 per costruirvi delle abitazioni. In seguito, nella seconda metà del Novecento, abbattute le case vi trovarono posto gli uffici delle poste.

Villa Valier-Valmarana (Mira Porte, riva sinistra del Brenta). La Villa, di origine cinquecentesca, è presente nelle incisioni del Coronelli e del Costa, dalle quali si può ben notare come nell'800 siano state demolite sia la prestigiosa facciata che un'ala, per sottrarsi alla tassa sul lusso. Rimangono comunque una bella barchessa, con porticato, una chiesetta secentesca, oltre ad un grande parco. All'interno, una bella scala a chiocciola e decorazioni pittoriche. Esisteva anche un dipinto di Alessandro Maganza che raffigurava una suonatrice di chitarra. Nel 1734 la proprietà, fu acquisita dai Valmarana, recentemente è stata ampiamente ristrutturata .

Bibliografia

G. Zabarella, Gli Valerii : overo origine et nobiltà della Gente Valeria di Roma, di Padova et di Venezia, Venezia, 1666. 

M. Barbaro, Discendenze patrizie, 7, Biblioteca del Museo Correr di Venezia. 

Avogaria de Comun. Libro d'Oro, Archivio di Stato di Venezia. 

Registri Anagrafici del Governo austriaco 1856/1868, Archivio Storico Comune di Venezia. 

F. Scrhoeder, Repertorio Genealogico delle Famiglie confermate Nobili e dei Titolati Nobili esistenti nelle Province Venete, Venezia, 1830.

Consulta Araldica del Regno, Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano, Torino, 1922. 

Consulta Araldica del Regno, Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana, Roma, 1933.

E. Fontebasso, Elenco delle Famiglie ascritte nel Libro d’Oro della Repubblica Veneta, rist. anastatica, Castelfranco Veneto, 1992.

V. Spreti, Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana, Bologna.

G.B. Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, Pisa, 1886-1890.

Collegio Araldico, Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, Roma, 1977–1980.

Corpo della Nobiltà Italiana, Famiglie Nobili delle Venezie, 2001.

Annuario della Nobiltà Italiana XXVIII ed., 2000. 

Annuario della Nobiltà Italiana XXX ed., 2006.

Annuario della Nobiltà Italiana XXXI ed., 2011.

F. Miari Fulcio, Il nuovo Patriziato Veneto dopo la serrata del Maggior Consiglio, Venezia, 1891

A. Da Mosto, I Dogi di Venezia, Firenze, 2003. 

D. Raines, Cooptazione, aggregazione e presenza al Maggior Consiglio: le casate del patriziato veneziano, 1297-1797, in "La Storia di Venezia", t. I, a. 2003, Firenze University Press. 

Documenti anagrafici del Registro della popolazione del Comune di Genova. 

Documenti anagrafici Archivio Storico del Registro della popolazione del Comune di Padova. 

Documenti anagrafici Archivio Storico del Registro della popolazione del Comune di Bologna. 

Registri Parrocchia S.Zenone in Borsea Polesine-Rovigo. 


Portale Storia di famiglia
Portale Venezia
Silvestro Valier
Doge di Venezia

In carica 
25 febbraio 1694 –
7 luglio 1700

Predecessore 
Francesco Morosini
Successore 
Alvise II Mocenigo

Nome completo 

Silvestro Valier 
Nascita 
Venezia, 28 marzo 1630
Morte 
Venezia, 7 luglio 1700
Sepoltura 
Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, Venezia
Dinastia 
Valier
Padre 
Bertuccio Valier
Consorte 
Elisabetta Querini 
Religione 
Cattolico

Silvestro Valier o Valiero (Venezia, 28 marzo 1630 – Venezia, 7 luglio 1700) venne eletto il 25 febbraio 1694 centonono doge della Repubblica di Venezia. Sofferente economicamente, sotto il suo dogato la Repubblica proseguì la guerra iniziata ancora nel 1684 e solo nel gennaio 1699 riuscì a vederne la fine, senza peraltro ottenere grosse concessioni nonostante gli sforzi fatti. 

Biografia 

Figlio unico di Bertuccio Valier, doge dal 1656 al 1658, appena diciannovenne si sposò con Elisabetta Querini e divenne procuratore tramite l’esborso di denaro. Secondo i cronisti non aveva qualità particolari se non una bella presenza ed un notevole eloquio. Durante la sua carriera politica si dedicò soprattutto alla vita diplomatica dove poté far sfoggio delle sue qualità. Amante della bella vita era anche munifico con i poveri e, per questo, venne sempre molto amato dal popolo. 

Dogato 

Dopo la morte di Francesco Morosini, con una guerra in corso e pesanti difficoltà economiche, si decise di eleggere un uomo rappresentativo pur senza eccessive ambizioni, come invece il predecessore. Il 25 febbraio 1694 l’alto onore spettava al Valiero che, subito, pagava fastose feste e banchetti. La festa si rinnovò quando, grazie ad una deroga alla legge, fu per l'ultima volta nella storia di Venezia concessa l'incoronazione della dogaressa, cosa ormai vietata viste le immense spese statali che feste del genere richiedevano. Durante il suo dogato proseguì, con alterne fortune, la guerra contro i turchi. Nel gennaio 1699 infine, con la Pace di Carlowitz, si giungeva ad un accordo che dava a Venezia la Morea, Egina, Leucade, Zante; troppo poco per gli immensi sforzi affrontati. Ormai la Repubblica era prostrata dalle lunghe guerre e l'economia era in affanno. Il Valiero visse questo periodo così come era sempre vissuto: partecipando a ricevimenti, organizzando feste, accogliendo ospiti di rango. Nel complesso non fu un cattivo doge ma solo un regnante “ordinario”, troppo spesso accostato in modo ingeneroso al suo illustre predecessore. Già ammalato, a seguito di alcune liti famigliari s'aggravò e morì il 7 luglio 1700 improvvisamente. 

È sepolto, insieme alla moglie dogaressa ed al padre doge, in un sontuoso mausoleo barocco nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo. 

Predecessore 

Doge di Venezia

Successore 

Francesco Morosini

25 febbraio 1694 - 7 luglio 1700

Alvise II Mocenigo

Controllo di autorità VIAF: 25463529

Bertuccio Valier 
Doge di Venezia

In carica 

15 giugno 1656 –

29 marzo 1658

Predecessore 

Francesco Cornaro

Successore 

Giovanni Pesaro

Nome completo 

Bertuccio Valier 

Nascita 

Venezia, 1º luglio 1596

Morte 

Venezia, 29 marzo 1658

Sepoltura 

Chiesa di San Giobbe; successivamente Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, Venezia

Dinastia 

Valier

Padre 

Silvestro Valier 

Madre 

Bianca Priuli 

Consorte 

Benedetta Pisani 

Figli 

11 figli, tra cui Silvestro Valier

Religione 

Cattolico

Bertuccio Valier, o Bertucci Valerio (Venezia, 1º luglio 1596 – Venezia, 29 marzo 1658), fu il centoduesimo doge della Repubblica di Venezia dal 15 giugno 1656 alla morte.

Vita 

Nato da Silvestro e Bianca Priuli, non pare che avesse fratelli o sorelle. Si sposò con Benedetta Pisani dal cui matrimonio ebbe molti figli, tutti premorti salvo Silvestro (1630-1700); anch'egli sarà doge, dal 1694 alla morte. Era molto ricco e ciò gli consentì incarichi diplomatici e politici prestigiosi. Non si sa con certezza che studi seguì, però era considerato molto colto, elegante e di notevole raffinatezza, tanto da esser ammirato dalle persone che gli erano vicine. Fu di salute abbastanza malferma, che non gli diede mai vera tregua. 

Dogato 

Nel 1644 era iniziata la ultraventennale guerra di Candia contro i turchi, e la situazione geopolitica s'aggravava ogni giorno di più per Venezia. Candidatosi al dogato nel maggio 1656, alla morte del Doge Carlo Contarini, venne sconfitto da Francesco Corner che, però, morì dopo appena diciannove giorni di regno, lasciando così "strada libera" al suo avversario. Bertuccio Valiero, infatti, il 15 giugno diventava Doge al primo scrutinio ed all'unanimità. In quegli anni le difficoltà ed il potere consumavano i dogi (ne morirono, compreso il Valier, ben cinque in quattro anni), ed il Valier, già prostrato dalla sua malferma salute, non regnò a lungo. 

Durante il suo dogato giunsero offerte di pace da parte dei turchi, ma queste furono respinte e la guerra proseguì. Durante questo periodo ci fu l'ennesimo tentativo da parte dei capitani della flotta veneziana di penetrare attraverso lo stretto dei Dardanelli per distruggere Costantinopoli (o, perlomeno, ridurre la pressione su Creta, sempre assediata) ma, nonostante alcune vittorie, non si raggiunse l'effetto sperato (seconda spedizione veneziana dei Dardanelli). 

In cambio di denaro, vitale per il prosieguo della guerra, si giunse persino a riammettere i Gesuiti, cacciati sotto il dogato di Leonardo Donato. Nonostante gli enormi sacrifici (e lo stesso doge offrì 10.000 ducati di tasca propria), il bilancio della Repubblica raggiunse a malapena il pareggio. Molto legato al figlio Silvestro, futuro doge, lo designò erede universale. Morì il 29 marzo 1658, a neppure sessantadue anni. 

Fu dapprima sepolto nella chiesa di San Giobbe; dopo alcuni anni, la nuora e dogaressa Elisabetta Querini fece edificare un mausoleo per i due dogi Valier nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo, ed il suo corpo fu spostato lì. 

Altri progetti 

Commons contiene immagini o altri file su Bertuccio Valier

Predecessore 

Doge di Venezia

Successore 

Francesco Cornaro

15 giugno 1656 - 29 marzo 1658

Giovanni Pesaro

Controllo di autorità VIAF: 173334382

Agostino Valier

cardinale di Santa Romana Chiesa
Nato 

7 aprile 1531

Creato cardinale 

12 dicembre 1583 da papa Gregorio XIII

Deceduto 

23 maggio 1606

Agostino Valier (Venezia, 7 aprile 1531 – Roma, 23 maggio 1606) è stato un cardinale italiano.

Appartenente alla nobile famiglia veneziana dei Valier, Agostino fu vescovo di Verona (1565-1599) e influente membro del Sant'Uffizio. Sebbene poco considerato dalla storiografia, il Valier esige un’attenzione maggiore, degna del ruolo da lui svolto come padre della chiesa post-tridentina, che «ebbe a Verona esemplari manifestazioni, guidando la diocesi in un lungo magistero ricco di opere spirituali e sociali».16

Biografia

Agostino Luigi Valier (o Valerio) nacque il 7 aprile 1531, da Bertuccio Valier e Lucia Navagero.17 Avviato allo studio delle Lettere a Venezia «ebbe ne’ primi studj Marzial Rota, Battista Egnazio, e Gian Bernardo Feliciano per l’eloquenza Greca, e Latina di cui era peritissimo».24 A 16 anni ottenne dal padre di potersi trasferire a Padova, presso lo zio materno Bernardo Navagero che vi esercitava la magistratura per la Signoria veneta e fu per il Valier «un’eccellente guida, un vivo stimolo agli studj [...] Vir acer ingeniorum censor»18 Presso lo studium patavino Agostino ebbe occasione di farsi notare per il suo sapere intessendo rapporti di amicizia con vari coetanei, futuri esponenti della società veneziana, che ne sollecitarono l’amicizia: Leonardo Donà, assunto poi all'onore del dogato, Gianfrancesco Morosini che sarà poi cardinale, Luigi Contarini, Giovanni Dolfin poi vescovo di Brescia, vescovo di Vicenza e cardinale, Nicola Barbarigo e Pietro Francesco Contarini, che sarà in seguito patriarca di Venezia e ancora Paolo Manuzio, Carlo Sigonio e Giambattista Rosario.19

Carriera ecclesiastica

Nel 1555, in occasione dell’elevazione al soglio pontificio del cardinale Gian Pietro Carafa, Navagero con altri senatori di Venezia viene inviato a Roma: c’è anche Agostino, che ha così modo di sperimentare per la prima volta il fasto della corte pontificia. Nello stesso anno, aveva chiesto e ottenuto di essere ammesso nel Collegio dei consultori (1555), dignità che il Senato Veneto conferiva a uomini di alta eloquenza, riscotendo unanimi consensi, pur avendo egli nemmeno 25 anni. Tutti sono ammirati del suo sapere.

Conclusi gli studi, gli venne affidato dal Senato, nel 1558, l’incarico come lettore di filosofia morale, presso la celebre Scuola di Rialto a Venezia, succedendo a Giacomo Foscarini, e si dedicò per tre anni all’insegnamento, con tale successo che venne soprannominato “Il filosofo”. In quegli stessi anni, Bernardo Navagero manteneva l’incarico di ambasciatore della Repubblica presso la Santa Sede: in questo ruolo si distinse e fu molto ammirato, al punto che – essendosi fatto ecclesiastico nel 1560, alla morte della moglie Istriana Lando – il 26 febbraio 1561 fu nominato da Pio IV cardinale: dovendosi trasferire a Roma, volle al suo fianco il devoto nipote Agostino. Agostino Valier venne preso sotto la tutela del cardinale Carlo Borromeo, nipote del papa, che lo accolse nell’Accademia delle Notti Vaticane, il cenacolo culturale da quest’ultimo fondato in cui «venivano a vicenda recitando qualche loro Orazione, o Dissertazione, o altro componimento, che riguardava per lo più alla Filosofia morale».20

Il Navagero, che già l’11 settembre 1562 era stato designato al vescovado di Verona – succedendo a Girolamo Trevisani –, nel marzo del 1563 lascia Roma per recarsi a Trento in veste di legato pontificio al concilio. Agostino si trattiene con lo zio per alcuni mesi, potendo così assistere alle sessioni conciliari e venendo a contatto con i fautori della Riforma cattolica, prima di tornare a Venezia per riprendere l’insegnamento della filosofia. 

Vescovo di Verona

Per le proprie precarie condizioni di salute, nel 1565 Bernardo Navagero dovette rinunciare alla cattedra episcopale veronese e per assicurare che l’opera di riforma proseguisse, si appellò a Pio IV affinché venisse designato il nipote Agostino Valier. Fu grazie all’intervento di Carlo Borromeo che Pio IV, derogando alle leggi canoniche, il 18 maggio 1565 nominò Agostino Valier vescovo di Verona. Fin dall’inizio fu ligio alle prescrizioni tridentine radunando subito il sinodo, che indisse poi ogni anno: egli riceveva i sacerdoti abbracciandoli e tenendo loro discorsi pieni di carità paterna, incitandoli alla necessità di applicare celermente i decreti del Concilio. I punti chiave sui quali il Valier operò con maggior insistenza furono la pietà eucaristica, la moralità dei sacerdoti e dei responsabili di associazioni laicali, l’insegnamento della dottrina cristiana. 

I rapporti con il card. Carlo Borromeo

Il Valier coltivò assiduamente i rapporti con la Milano del cardinale Carlo Borromeo, divenuto assai presto il punto di riferimento dell’azione riformista cattolica, portò preziosi contributi, come attesta la devozione dei veronesi per il Borromeo, ricambiata dalla stima e dalle numerose visite nella città. Il vescovo Valier, sull’esempio di San Carlo e della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri (della quale fu sodale durante gli anni nei quali fu a Roma, intervenendo molte volte alle celebrazioni in Santa Maria in Vallicella) fondò un oratorio presso S. Giovanni in Fonte e un altro nello stesso Palazzo Vescovile.

Il rinnovamento culturale della Controriforma

Nel piano di rinnovamento culturale Valier, essendo amante dell’arte sacra, appoggiò lo sviluppo delle Arti, che incitò sia con istruzioni specifiche date ai Reverendi Predicatori della città, sia partecipando alle adunanze dell’Accademia Filarmonica (di cui fu mecenate), sia con commissioni dirette come la decorazione del Salone Sinodale nel Palazzo vescovile. Il Sinodo divenne il cuore pulsante della politica della Chiesa nella diocesi, un’assemblea dei parroci e del clero dell’intero vescovato nella quale poter far conoscere i nuovi canoni tridentini. E questo si realizzò soprattutto sotto l’episcopato di Agostino Valier. La convocazione del Sinodo diocesano nel 1564, da parte del vescovo Navagero, fu l’inizio della pubblicazione e applicazione del Concilio, per riaffermare la dottrina della chiesa di Roma attraverso il “disciplinamento” della società. Ma fu con la salita alla cattedra episcopale di Agostino Valier (1565) che, secondo le prescrizioni tridentine, il Sinodo venne indetto regolarmente ogni anno, aprendosi sempre nell’ottava domenica dopo Pasqua. 

La decorazione del Palazzo Vescovile di Verona

Divenuto pittore ufficiale della Chiesa Veronese in virtù dei suoi meriti artistici posti al servizio delle committenze ecclesiastiche, ormai alla fine dei suoi anni Domenico Brusasorzi (1515-1567) ricevette nel 1566, dal neovescovo Agostino Valier, la commissione per ridipingere le pareti del Salone Sinodale nel Vescovado di Verona. Agostino Valier assommando in sé le qualità politiche, filosofiche e religiose necessarie per ricreare un humus cristiano nella chiesa veronese, ricercò nella storia, nella tradizione e nella devozione il fondamento della propria autorità. Il ciclo del Vescovado ne è l’esemplificazione: riproducendo le effigi dei passati vescovi si “documentava” la continuità ininterrotta, la vitalità, la gloria e la stabilità della Chiesa locale nei secoli. Il vescovo era così legittimato nella sua autorità dalla garanzia dei propri predecessori e, in quanto episcopus ab ipsomet Petro Ap. missus, direttamente dal vicario di Cristo (e perciò dal papa). Il modello iconografico principale, però, è da riconoscere nella Sala Maggiore del Vescovado di Padova, quel Salone dei Vescovi che su commissione del vescovo Pietro Barozzi venne decorato con ritratti di Vescovi padovani eseguiti nel 1505-06 da Bartolomeo Montagna, in occasione del restauro del palazzo (iniziato nel 1487). Anche qui i 100 vescovi della città – da S. Prosdocimo al Barozzi stesso, in ordine cronologico – sono affacciati ad una loggia aerea retta da peducci, formando un fregio che abbraccia la sala nella parte superiore delle pareti. 

Cronologia

Data 

Età 

Avvenimento 

7 aprile 1531 

nasce a Venezia 

15 maggio 1565 

34 

nominato vescovo di Verona 

12 dicembre 1583 

52 

elevato al titolo di cardinale

14 gennaio 1585 

53 

cardinale vescovo di San Marco

marzo/aprile 1605 

maggio 1605 

74 

conclave 

1 giugno 1605 

74 

cardinale vescovo di Palestrina

23 maggio 1606 

75 

muore a Roma 

Voci correlate

Carlo Borromeo

Gabriele Paleotti

Controriforma

Verona

Bibliografia

L. TACCHELLA, San Carlo Borromeo e il cardinale Agostino Valier (carteggio), Verona, 1972.

G. CIPRIANI, La mente di un inquisitore. Agostino Valier e l'opusculum "De Cautione adhibenda in edendis libris", Nicomp Laboratorio Editoriale, 2009, ISBN 978-88-87814-78-1

G. VENTURA, Vita Augustini Valerii, in Calogerà, Opuscoli, XXV, Verona, 1741.

A. GIACONIO, Vitae et Res Gestae Pont. Rom. et S.R.E. Cardinalium, IV, Roma, 1677

L. MOSCARDO, Historia di Verona, Verona, 1668

A. MANUZIO, Epistula Nuncupatoria ipsimet Card. Valerio data ex Vaticano Idibus feb. 1597, Roma, 1597

L. MORERI, Dizionario Storico, X, Parigi, 1759

G.G. EGGS, Purpura Docta, III, l. V, Monachii, 1714

N.A. GIUSTINIANI, Degli Occulti Benefici di Dio di Agostino Valerio, Verona, 1770

G.B. BIANCOLINI, Notizie storiche delle chiese di Verona, I, Verona, 1749

F. UGHELLI, Italia Sacra, sive de Episcopis Italiae, V, Verona 1820

L. FEDERICI, Elogi de’ più illustri ecclesiastici Veronesi, II, Verona, 1818

CAPELLARI, Campidoglio Veneto, Biblioteca Marciana di Venezia, ms. 4

C. CAVATTONI, Due opere latine di Agostino Valerio, Verona, 1862.

Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie

Pietro Valier

cardinale di Santa Romana Chiesa

Monumento funebre del cardinale Valier nella cattedrale di Padova
Nato 1574 a Venezia

Creato cardinale 

11 gennaio 1621 da papa Paolo V

Deceduto 

9 aprile 1629 a Padova

Pietro Valier (Venezia, 1574 – Padova, 9 aprile 1629) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano.

Biografia

Proveniente dalla potente famiglia veneziana dei Valier, Pietro era pronipote del cardinale Bernardo Navagero e nipote del cardinale Agostino Valier. 

Destinato fin dall'infanzia alla carriera ecclesiastica, fu Referendario del Tribunale della Signatura Apostolica di Giustizia e di Grazia. 

In seguito fu governatore di San Severino (1609), di Todi (1610) e di Orvieto (1610-1614). 

Il 18 maggio 1611 fu nominato vescovo titolare di Famagosta. Fu governatore di Spoleto dal 1614 al 1616. Il 18 maggio 1620 fu promosso alla sede metropolita di Candia. 

Fu creato cardinale da papa Paolo V nel concistoro dell'11 gennaio 1621, pochi giorni prima della morte del papa; partecipò al conclave del 1621 che elesse papa Gregorio XV. Il 3 marzo successivo il nuovo papa gli consegnò la beretta cardinalizia con il titolo di San Salvatore in Lauro. 

Partecipò al conclave del 1623 che elesse papa Urbano VIII. Fu nominato vescovo di Ceneda il 23 ottobre 1623; optò per il titolo di San Marco il 18 marzo 1624. Fu trasferito alla diocesi di Padova il 18 agosto 1625. 

Morì a Padova il 9 aprile 1629 ed il suo corpo riposa nella cattedrale cittadina. 

Collegamenti esterni

(EN) The Cardinals of the Holy Roman Church - Biographical Dictionary

Predecessore 

Vescovo titolare di Famagosta

Successore 

Alberto Valier

1611-1620

Germanico Mantica

Predecessore 

Arcivescovo di Candia

Successore 

Aloisio Grimani

1620 - 1623

Luca Stella


Predecessore 

Cardinale presbitero di San Salvatore in Lauro

Successore 

Orazio Lancellotti

1621 - 1624

Luca Antonio Virili


Predecessore 

Vescovo di Ceneda

(titolo personale di arcivescovo)

Successore 

Leonardo Mocenigo

1623-1625

Marco Giustiniani

Predecessore 

Cardinale presbitero di San Marco

Successore 

Matteo Priuli

1624 - 1629

Federico Cornaro

Predecessore 

Vescovo di Padova

(titolo personale di arcivescovo)

Successore 

Marco Corner

1625-1629

Federico Cornaro

Commenti

Post popolari in questo blog

De Hombre a Hombre

Gotan Project Gotan Project è un gruppo musicale formato nel 1999 dal francese Philippe Cohen Solal (tastiere), dallo svizzero Christophe H. Müller (programmazione strumenti elettronici) e dall'argentino Eduardo Makaroff (chitarra ed alcuni strumenti a corda). La formazione di base si avvale inoltre della collaborazione di alcuni musicisti argentini, tra i quali il pianista Gustavo Beytelmann e la cantante Cristina Vilallonga. Lo stile musicale è il tango, di cui la parola gotan è una traduzione in lunfardo, ma con basi ritmiche tipiche della musica elettronica e house; ne risulta una miscela tra vecchi strumenti tradizionali del tango argentino, come il bandoneón, ed alcuni nuovi strumenti musicali, come campionatori e drum machine. Le prime apparizioni risalgono al 1999, quando una loro cover di Last Tango in Paris, brano di Gato Barbieri, viene inserita nella compilation Hotel Costes, selezionata dal noto DJ Stéphane Pompougnac. Molti dei DJ più quotati iniziaro

I manuali rapidi di Libreoffice

finalmente disponibili - 20/30 pagine cadauno per usare in modo migliore questo Software open source gratuito Volume 1 Volume 2 Volume 3 Libre Office - Software libero per l'ufficio e per lo studio

Cercare sul sito del comune di mira la parola MINIIMU gennaio 2014

E luce fu ... o sarà. Devo pagare 8 euro che stando alle dicerie nazionale non dovrei, di fatto, nemmeno pagare perché sono meno di 12. Per pagare 8 euro ne devo spendere almeno 2 per l'operazine e 10 per il commercialista ma con questi 10 si aumenta il Pil nazionale, facciamo produrre l'italia. Il tutto per 2, siamo in famiglia, (mi sembra una Pi.larla spendere 40 euro per pagarne 16 che è meno della metà). Se i 20 euro al commercialista a fronte dei servizi offerti allo stato aumentano il Pil nazionale fatemi sapere perché forse è meglio che ci mettiamo a fare cestini di rafia e li vendiamo ai cinesi in concorrenza con i thailandesi. Rendono sicuramente di più. Quando si fa una legge di questo genere significa non sapere quello che si fa o ... saperlo fin troppo bene ? Questa è l'Italia.