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Diritto all'oblio

Pensando alla Giornata della memoria mi è venuto in mente - per associazione mentale  - Il Diritto all'Oblio e ne riporto la pagina di Wikipedia: volte occorre anche ricordarsi di dimenticare. A volte dimenticare non basta, a volte ricordare non è abbastanza. A volte dimenticare, forse, è proprio un bisogno umamo.

Con la locuzione "diritto all'oblio" si intende, in diritto, una particolare forma di garanzia che prevede la non diffondibilità, senza particolari motivi, di precedenti pregiudizievoli, per tali intendendosi propriamente i precedenti giudiziari di una persona.

In base a questo principio, ad esempio, non è legittimo diffondere dati circa condanne ricevute o comunque altri dati sensibili di analogo argomento, salvo che si tratti di casi particolari ricollegabili a fatti di cronaca

Nel mondo

Itala
La posizione della giurisprudenza[modifica | modifica sorgente]
La giurisprudenza ha da tempo affermato che «è riconosciuto un “diritto all’oblio”, cioè il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all'onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione. Analogo principio è stato applicato anche a personaggi che hanno avuto grande notorietà».
Il diritto all’oblio farebbe così parte dei cosiddetti diritti inviolabili, cioè quei diritti che non sono esplicitamente espressi dalle costituzioni, ma la cui esistenza è comunque riconosciuta da esse.
In Italia, la sua tutela è infatti garantita dall’art. 2 della Carta Costituzionale, secondo cui “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.
Si tratta quindi del diritto di un individuo ad essere dimenticato, o meglio, a non essere più ricordato per fatti che in passato furono oggetto di cronaca. In sostanza, un individuo che abbia commesso un reato in passato ha il pieno diritto di richiedere che quel reato non venga più divulgato dalla stampa e dagli altri canali di informazione; a condizione che il pubblico sia già stato ampiamente informato sul fatto.
Questo principio, alla base di una corretta applicazione dei principi generali del diritto di cronaca, parte dal presupposto che, quando un determinato fatto è stato assimilato e conosciuto da un'intera comunità, cessa di essere utile per l'interesse pubblico: smette si essere oggetto di cronaca e ritorna ad essere fatto privato.
In questo modo, nel momento in cui l'interesse pubblico si affievolisce, fino a scomparire del tutto, si cerca di tutelare la reputazione delle persone coinvolte nel fatto restituendo loro il diritto alla riservatezza: se la lesione personale, per i protagonisti in negativo della vicenda, è inizialmente giustificata dalla necessità di informare il pubblico, non lo è più dopo che la notizia risulta largamente acquisita.
Ovviamente questo diritto difende indirettamente anche le vittime, in quanto ogni volta che un caso viene rievocato finisce per pesare di riflesso su chi lo ha dolorosamente subito nel ruolo di parte lesa (si pensi al caso delle violenze sessuali).
Un altro fattore da tenere in considerazione riguarda l'articolo 27, Comma 3°, Cost. secondo cui “Le pene […] devono tendere alla rieducazione del condannato”, ovvero il principio della funzione rieducativa della pena. Il diritto all'oblio favorirebbe, in questo senso, il reinserimento sociale dell'accusato, il suo ritorno alla società civile.
Sull'esistenza del diritto all'oblio si è espressa positivamente anche la Suprema Corte di Cassazione, da ultimo con la sentenza 16111 del 2013 (Cass. Civ.). Nel caso di specie la Corte ha affermato che, per reiterare legittimamente notizie attinenti a fatti remoti nel tempo, è necessario il rilevante collegamento con la realtà attuale e la concreta utilità della notizia, da esprimersi sempre nei vincoli della c.d. "continenza espositiva".
L'intervento del garante della privacy[modifica | modifica sorgente]
In Italia il principio del diritto all'oblio si concretizza grazie al Garante per la protezione dei dati personali. Il Garante della privacy nel 2005 ha provato ad individuare una soluzione tecnica per garantire la trasparenza sull'argomento ed evitare che si creino, tramite i motori di ricerca, delle gogne elettroniche. Il Garante ha esaminato un caso[3]), in cui a un soggetto era stata erogata una sanzione da parte di un ente pubblico. Sul proprio sito web l'ente aveva indicato la violazione ed il nome del violatore, al che l'interessato aveva richiesto che fosse tolto il suo nome, invocando il diritto alla riservatezza. Il garante stabilì:
« "che l'ente continui a divulgare sul proprio sito istituzionale le decisioni sanzionatorie riguardanti l'interessato e la sua società, ma - trascorso un congruo periodo di tempo - collochi quelle di vari anni or sono in una pagina del sito accessibile solo dall'indirizzo web. Tale pagina, ricercabile nel motore di ricerca interno al sito, dovrà essere esclusa, invece, dalla diretta reperibilità nel caso si consulti un comune motore di ricerca, anziché il sito stesso". »
Nel gennaio 2013 il giudice unico del Tribunale di Ortona (CH) ha condannato la testata online PrimaDaNoi.it al pagamento di una multa di oltre 17 mila euro, comprensiva di risarcimento danni e spese legali, per un fatto di cronaca giudiziaria avvenuto nel 2008 che aveva coinvolto due ristoratori. Nel 2010 uno dei due esercenti, appellandosi al diritto all'oblio, aveva richiesto al direttore del quotidiano di rimuovere l'articolo che lo riguardava, ma la richiesta era stata rifiutata. Nel 2011 il pezzo era stato cancellato dai motori di ricerca a titolo meramente transattivo. Nel 2013, a seguito della condanna del tribunale, l'articolo è stato rimosso anche dall'archivio della testata.
Secondo il giudice, «il trattamento dei dati personali si è protratto per un periodo di tempo superiore a quello necessario agli scopi (esercizio del diritto di cronaca giornalistica) per i quali i dati sono stati raccolti e trattati)».[5] L'editore della testata, a febbraio 2013, ha proposto ricorso in Cassazione contestando non solo la nullità della sentenza («nessuno si è accorto della omessa notificazione del ricorso e/o dell’assenza dal giudizio del Garante per la protezione dei dati personali», sostiene la difesa) ma anche il fatto che essa sia «lesiva dei diritti ed interessi sanciti dalla legge a garanzia delle attività e finalità giornalistiche».
Persona offesa
Il Garante della privacy ha applicato il principio del diritto all'oblio anche nel caso di una persona offesa. A distanza di tempo, periodicamente, la stampa riprendeva l'accaduto. La persona offesa ha chiesto ed ottenuto che della vicenda non se ne dovesse più parlare.
Principio della pertinenza
Il diritto di riprodurre fatti negativi, purché veritieri, da parte di organi di stampa ed assimilati trova un limite nel principio della pertinenza: i fatti possono essere riproposti, anche a distanza di tempo, solo se hanno una stretta relazione con nuovi fatti di cronaca e se vi è un interesse pubblico alla loro diffusione.
Francia[modifica | modifica sorgente]
Un primo tentativo di regolamentare tale fattispecie di diritto all'oblio è stato effettuato dal governo francese in un accordo con gli editori, attraverso la discussione della Charte du droit à l'oubli dans les site collaboratifs et les moteurs de recherche.

Germania
Un caso concreto si è verificato in Germania con la richiesta da parte di due fratelli condannati per omicidio. Hanno presentato richiesta di cancellazione dei loro nomi da Wikipedia in lingua tedesca

Spagna
L'iniziativa del garante della privacy spagnolo, sulla scia di un intervento precedente dell'Autorità italiana, si è indirizzata soprattutto all'affermazione della responsabilità dei motori di ricerca
La normativa dell'Unione Europea[modifica | modifica sorgente]

Viviane Reding, Commissaria UE per la Giustizia e i Diritti fondamentali, ha proposto il 25 gennaio 2012 una riforma globale per la tutela della privacy degli utenti sul web che dovrebbe essere trasformata in legge da tutti gli stati membri entro il 2015. I fornitori di servizi online saranno obbligati a passare dalla regola dell’opt-out (i dati dell’utente, a meno di una sua esplicita richiesta, appartengono al fornitore) a quella dell’opt-in (i dati appartengono solo all’utente, è lui a decidere come usarli).

La Reding ha infatti affrmato che: La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale di tutti gli europei, eppure non sempre i cittadini sentono di avere il pieno controllo dei propri dati. Le nostre proposte creeranno fiducia nei servizi online visto che saremo tutti più informati sui nostri diritti e avremo un maggiore controllo di tali informazioni.
Contenuto della proposta
Possibilità di chiedere “che i propri dati personali siano cancellati o trasferiti altrove e non siano più processati laddove non siano più necessari in relazione alle finalità per cui erano stati raccolti”. Questo prevede, per ogni cittadino, il pieno accesso alle proprie informazioni, in qualunque momento.
Maggiore trasparenza e controllo sui dati: obbligo di tenere aggiornato ogni cittadino sul trattamento e la gestione dei propri dati da parte di aziende con sede locale in Europa. I gestori dovranno indicare il tipo di dati che posseggono, gli scopi per cui verranno usati, l'eventuale trasferimento a terzi e il periodo di conservazione all'interno del database. Inoltre ogni utente dovrà fornire un consenso esplicito all'utilizzo dei propri dati da parte delle aziende.

La Commissione prevede multe fino a 500 000 euro per i trasgressori.
Obbligo dei Social Network di provare che la conservazione di una certa informazione è necessaria e di avvertire tempestivamente l'utente (alert entro 24 ore) qualora le sue informazioni vengano rubate.
Eccezione: I cittadini europei non potranno richiedere la rimozioni di dati che li riguardano dai database delle testate giornalistiche.
Sono in molti a criticare la riforma varata dall'UE e i presupposti alla base del diritto all'oblio che toglierebbe alla rete la sua essenza originaria: Internet è ormai diventato un enorme archivio di informazione, unico nel suo genere, in cui tutto si conserva e nulla si dimentica. In prima linea tra i contestatori c'è Vinton Cerf (New Heaven, 23 giugno 1943), uno dei padri fondatori della “Rete”. Secondo lui le normative sul diritto all'oblio, al vaglio dell'Unione Europea costituiscono una pericolosa minaccia per la libertà di espressione su cui si fonda il mondo di Internet.

Il diritto all'oblio nel Web

Il diritto ad essere dimenticati online è la possibilità di cancellare, anche a distanza di anni, dagli archivi online, il materiale che può risultare sconveniente e dannoso per soggetti che sono stati protagonisti in passato di fatti di cronaca. Vivace è anche il dibattito su questo tema nel web

Vint Cerf al riguardo affermò:
« Non potete uscire di casa ed andare alla ricerca di contenuti da rimuovere sui computer della gente solo perché volete che il mondo si dimentichi di qualcosa. Non penso che sia praticabile. »
L'estensione del diritto all'oblio al mondo del web si è rivelata un'operazione più difficile del previsto, fonte di dibattiti e controversie. È arduo stabilire,in punta di diritto:
fino a quanti anni di distanza dai fatti può essere esercitato il diritto dell'individuo ad ottenere la cancellazione dei propri dati;
quali sono gli elementi che, anche a distanza di tempo, potrebbero giustificare la persistenza di tali dati negli archivi online.
Esistono problematiche anche riguardo ai dati memorizzati e nei motori di ricerca e nelle reti sociali[25]:
i motori di ricerca rendono accessibili, virtualmente, per un periodo di tempo indeterminato, notizie (di cronaca o vicessitudini giudiziarie) che altrimenti sarebbero di difficile reperibilità;
i social network: un'estensione del diritto all'oblio potrebbe pregiudicare la loro gestione dei dati personali su Internet.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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